Prosegue lo smantellamento e la privatizzazione del pubblico

Il Governo Draghi, con il consenso di tutta la maggioranza, demolisce, forse definitivamente, competenze e funzioni dei comuni italiani. Prosegue e si completa lo smantellamento e la privatizzazione del pubblico. Si svuotano ruoli, democrazia, rappresentanza dei Comuni.

Il “Disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza” (con voto unanime del consiglio dei ministri) ha come finalità, tra le altre, quella di “promuovere lo sviluppo della concorrenza” rimuovendo “gli ostacoli regolatori, di carattere normativo e amministrativo, all’apertura dei mercati”; tale impianto, a norma dell’articolo 6, è declinato anche rispetto ai servizi pubblici locali, con la delega al Governo ad adottare, entro 6 mesi, un decreto legislativo di riordino di tale materia.


Tra le linee di indirizzo, spiccano quelle contenute all’articolo 6, comma 2, lettere f)-i) che, partendo dal solito assunto teorico (bandiera neoliberista, del tutto indimostrato) che il privato sia più efficiente, pongono in capo agli Enti locali l’obbligo di fornire “motivazione anticipata e qualificata … per la scelta o la conferma del modello dell’autoproduzione … che dia conto delle ragioni che … giustificano il mancato ricorso al mercato” (lett. f), con obblighi di trasmissione della decisione motivata all’AGCM, sistemi di monitoraggio e di revisione periodica delle scelte.

Altri passaggi successivi sono ulteriormente esemplari: tra questi, la ripartizione dei poteri di regolazione per la separazione fra funzioni regolatorie e di diretta gestione dei servizi; la definizione dei criteri per l’istituzione di regimi speciali o esclusivi per il superamento dei regimi di esclusiva non conformi e non indispensabili per assicurare la qualità e l’efficienza del servizio.


Si tratta di un’operazione con cui il Governo si propone di limitare, in una prospettiva di gestione privatistica, le funzioni dei Comuni del nostro Paese, incidendo pesantemente sulle prerogative costituzionali.


Si va molto al di là dei normali criteri di trasparenza e di verifica e si dà in mano all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il compito di sovraintendere e condizionare l’indirizzo a e la gestione del servizio. Nessuna operazione di controllo è, al contrario, prevista per l’affidamento per gara o concorso.


Sarà una successiva procedura definire l’ambito di applicazione della normativa, ma fin d’ora nella parte descrittiva si definiscono come settori vincolati il servizio idrico, i rifiuti, il trasporto pubblico locale.


Attendiamoci nel prossimo futuro una più precisa e completa definizione e un allargamento dell’ambito delle privatizzazioni. Sicuramente sono oggetto di estesi interessi privati i settori a sfondo sociale, in parte già gestiti dai privati i come le mense scolastiche, la tutela degli anziani, la parte della scuola non vincolata all’obbligo come asili nido e scuole materne.


Il Governo sottrae di fatto ai comuni la gestione dei servizi fondamentali come le funzioni sociali, la gestione del territorio e delle sue risorse, determinando l’affidamento della gestione al privato. Si mettono semplicemente sul mercato i servizi comunali. È il completo stravolgimento dei percorsi democratici e partecipativi con cui i Comuni, vero strumento fondativo della democrazia e della partecipazione nel nostro Paese, hanno costruito il senso dello Stato.


Nessuna illusione sul grave arretramento che questa operazione determinerà. L’esperienza consolidata ci dice che il passaggio dal pubblico al privato dei servizi alla persona ha sempre comportato un danno ai cittadini con il peggioramento della qualità del servizio e delle condizioni di lavoro del personale e un aumento dei costi per i cittadini, tutte voci che assicurano il margine di profitto per i privati.  Ancor più grave può diventare il nodo delle politiche sul territorio come quelle della gestione dell’acqua, della produzione e del consumo dell’energia, della mobilità. In questo campo sono centrali l’indirizzo politico e la costruzione del consenso. Le scelte da operare sono quelle del risparmio nei settori dell’energia e dell’acqua, della riduzione del rifiuto, del passaggio al trasporto collettivo per la mobilità urbana. Sono tutte scelte di indirizzo in primo luogo politico, che non possono essere separate dalla condivisione dei territori, dalla gestione politica, pubblica e qualificata.


L’operazione è una sottrazione di competenze e di indirizzo alle realtà territoriali. Si riservano allo Stato centrale (vd. Autorità garante del Mercato e della Concorrenza) i criteri e la valutazione per l’attribuzione al mercato della gestione di strutture pubbliche, di beni comuni, dei servizi pubblici.


Si apre così a una pesante trasformazione dello stato e della sua articolazione sul territorio. Si procede allo svuotamento dei comuni, strumento delle comunità locali liberamente associate e gestori del patrimonio materiale e sociale conquistato e difeso (in molti casi per secoli), capovolgendo in modo clamoroso il percorso ordinario (la gestione pubblica dei servizi per la persona, erogazione di questi per tutti/e, ecc) che ora diventa oggetto di motivazione specifica e di controllo.


Al potere centrale, direttamente al Governo, si demanda la scelta di indirizzo e la responsabilità gestionale della totalità delle funzioni politiche. Ai comuni rimane poco più dell’attività amministrativa ordinaria e banale; l’anagrafe, il controllo del traffico e la viabilità, ecc.


Si completa così l’operazione di privatizzazione del patrimonio di strutture, di esperienze e di capacità realizzato in secoli di amministrazione popolare e già stravolto dall’operazione di svendita e di privatizzazione che in fasi successive e tragicamente ravvicinate ha colpito prima i grandi enti pubblici nazionali e successivamente le strutture di gestione diretta dei servizi comunali.


Alla svendita di ENEL, ENI,IRI, INA, Telecom, ecc, alla cessione ai privati delle banche pubbliche è seguita la scelta di operare nello svotamento di funzioni e di gestione degli enti economici comunali. Come allora è in primo luogo il PD a gestire il percorso e ad assumere responsabilità e onori della svendita del pubblico.


Così le ”municipalizzate”, ossia Aziende di gestione diretta dei Servizi comunali, sono diventate Aziende Speciali di larga autonomia operativa, fino a Società per azioni, completamente indipendenti dai Consigli Comunali e governate da C.d.A. (in cui ormai nessuno si stupisce nemmeno più se la logica delle scelte è quella della massimizzazione dell’utile e non quella dell’erogazione di servizi pubblici per la collettività). Un processo in cui si sono persi il riferimento al territorio e l’indirizzo sociale con la trasformazione in enti a dimensione ultraregionale sicuramente competitivi sul piano del commercio dei servizi ma completamente estranei alle politiche territoriali.


La storia della nostra regione e di quelle immediatamente limitrofe ci illustra come siano stati gli interventi diretti delle amministrazioni comunali, a mezzo delle prime Aziende Municipalizzate, a predisporre la rete di distribuzione dell’acqua potabile, a costruire gli strumenti e le condizioni per la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica. 

Piccole e grandi strutture per captare il peso dell’Acqua e trasformarlo in elettricità, per cogliere, in forma esemplare  il calore del sole, per sperimentare e praticare la cogenerazione. A oggi l’AGSM possiede e gestisce di concerto con Aziende del Trentino un settore importante di produzione di energia idroelettrica.

È stata una politica che ha anticipato la formazione dell’ente pubblico ENEL come produttore primario, condizione essenziale per lo sviluppo del paese; all’Agsm, nella circostanza, venne riconosciuto, nel quadro della pubblicizzazione delle aziende private, il ruolo indipendente e autonomo di azienda produttrice e distributrice di energia.

Oggi si assiste ad una pesante inversione di tendenza e arretramento, proprio nel momento in cui da questa lezione dovrebbero trarsi lezioni attualissime, ad esempio in tema di intervento contro i cambiamenti climatici e di estensione a tutto il territorio della rete internet (di cui oggi molte zone sono sfornite).  


La cancellazione delle Aziende Comunali, organismi  pubblici, radicati sul territorio, portatori di culture di modelli sperimentali, di pratiche di progettazione e di intervento su questioni essenziali nella prospettiva della riconversione ecologica del modello economico e sociale del nostro paese, ha comportato una riduzione delle possibilità di costruire progetti e pratiche rispettose e funzionali alle realtà dei territori.


Esemplare la trasformazione e svuotamento  della AGSM. Azienda Generale servizi Municipalizzati di Verona che in progressive fasi è passata, in applicazione della legge, prima ad Azienda Speciale (1996), poi aa AGSM SPA NEL 2000. Il tutto perdendo le sue caratteristiche di riferimento esclusivo alle politiche comunali, agli indirizzi di politica energetica alternativa, alle scelte strategiche di investimento e di consolidamento sul territorio. A oggi l’AGSM, mentre compete a livello nazionale per la produzione e il commercio di energia, ha abbandonato ruolo e competenza locale.


Ultima considerazione: appare evidente che la prospettiva delineata dal governo e i suoi ministri, nel silenzio assoluto della sinistra di governo, è quella di mantenere sostanzialmente inalterato il modello economico attuale limitandosi a rendere meno pesanti i parametri che ineriscono alla crisi climatica.    Resta un modello espansivo, basato sulla crescita dei consumi, della produzione, dell’uso senza limiti delle risorse. Niente su giustizia sociale, su politiche di sviluppo alternative, su un modello che coniughi tutela ambientale e uguaglianza.


I desolanti risultati del G20 e della Cop26 ci definiscono un futuro in cui solo  un accordo delle grandi potenze economiche può, in tempi medio lunghi, limitare l’uso delle fonti fossili. Ma resteranno, anzi si accentueranno, le spartizioni della ricchezza e dei consumi fra i paesi e all’interno degli stessi. Resterà devastante l’uso senza controllo delle materie e delle risorse che già apre alla guerra fredda e a un nuovo conflitto internazionale.

La battaglia per la salvaguardia dell’ambiente, per un uso controllato delle risorse, per un modello economico e sociale equilibrato sarà lunga e feroce. Ci dovremo misurare con i poteri veri, con chi ha negli ultimi anni accumulato risorse, ricchezze, privilegi e non ha alcuna intenzione di rinunciarvi.


Anche la chiusura di realtà legate ai territori come le “Aziende Municipalizzate” lascerà mano libera ai grandi enti demandati a gestire fondi e progetti, e che già oggi ci prospettano la ripetizione edulcorata di quello che stiamo vivendo.


Si lavora per progetti centralizzati e autoritari. Si progetta una transizione energetica basata sulla sostituzione di petrolio, gas e carbone con diverse forme di idrogeno la cui produzione sarà di forte rischio  ambientale; si ipotizza la diffusione incontrollata di pannelli e strutture eoliche destinate a impattare pesantemente sull’equilibrio ambientale e sulla produzione agricola.


Si mistifica su una possibile alternativa alla mobilità basata sull’uso dell’auto individuale, origine centrale dell’inquinamento e del consumo di materie prime, con la possibilità che questa possa essere risolta dall’auto elettrica.

Non si nasconde la prospettiva di un inspiegabile nucleare verde (ossimoro). Andiamo verso un futuro con poche speranze in cui solo la gestione diretta sul territorio di risorse e modelli di economia, la sperimentazione e la costruzione di nuove condizioni di vita e di lavoro possono creare reali prospettive di cambiamento.


Stop alla legge sul mercato e la concorrenza, riaprire alla gestione pubblica delle municipalizzate.

Fermare il progetto di centralizzazione delle competenze e delle funzioni e la  privatizzazione delle risorse naturali e dei servizi sociali, ricostruire sui territori momenti di democrazia diretta, ridare agli Enti locali autorità e rappresentanza.


Il Gruppo Lavoro di SINISTRA ITALIANA del VENETO

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