A SILVIO MANZATI

Ieri mattina sì è tenuto il funerale laico di Silvio Manzati, dove Giorgio Gabanizza ha tenuto un bellissimo discorso.

A SILVIO MANZATI
SALA DEL COMMIATO PRESSO IL CIMITERO MONUMENTALE DI VERONA
SEI APRILE DUEMILATREDICI

È stato il mio primo maestro in politica.
Silvio, è stato protagonista di mille vicende politiche, di tanti impegni culturali, di importanti battaglie civili.
Silvio è stato un uomo impegnato politicamente, culturalmente, socialmente, civilmente.
Dotato di una forte personalità, non sempre facile anche se simpatico, è stato un tenace combattente, sempre documentato, mai domo. Un uomo colto, dotato di un forte rigore morale, intollerante dell'ipocrisia, dei luoghi comuni. L'ho conosciuto quando non ero ancora quindicenne e lui era il segretario provinciale della federazione giovanile socialista. Mi prese in "cura politica", con pazienza, era un tessitore, un costruttore politico. Silvio è stato un riconosciuto dirigente politico, un punto di riferimento significativo, che diventò segretario provinciale del Psiup e membro del comitato centrale. Entrò successivamente con la confluenza del Psiup, nel partito comunista ed eletto nel comitato federale e per molti anni. Un uomo coerente, al servizio dei bisogni, delle istanze, dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, delle masse popolari. La sua visione laica, mai in penombra, l'ha portato protagonista a Verona di tante battaglie civili, da quelle per il divorzio fino alle più recenti, che sono diventate prevalenti, contro ingiustificabili privilegi, contro intollerabili abusi, come quelli avvenuti all'istituto Provolo, contro poteri forti, anche se ecclesiali.
C'è un filo conduttore dalle sue prime esperienze politiche a quest'ultime, il filo della libertà, intrecciata con la giustizia sociale. Libertà non solo dal bisogno, ma dal pregiudizio, dalla subalternità culturale. Libertà del pensiero, della ricerca, della ragione. Silvio si formò con il pensiero del socialismo libertario di Lelio Basso.
Lo ricordo protagonista durante gli scioperi del 68/69 in Zai di fronte alle fabbriche a fare i picchetti, a redarre con i lavoratori e con qualcuno di noi i Fogli di Lotta, che lui ideò. Erano informazioni sulle lotte operaie, sulle condizioni di lavoro, sulle ingiustizie presenti nei luoghi di lavoro. Fu un formidabile strumento di mobilitazione che contribuiva a far crescere il movimento operaio veronese che colse significative conquiste salariali e normative.
Lo ricordo, negli anni settanta, quando venne da me in federazione del Pci a denunciare il tentato omicidio di un ragazzo tossicodipendente del Villaggio, suo ex studente, "un so butel", invitando il Partito a fare qualcosa, a manifestare contro questo nuovo fenomeno terribile e devastante che dilagava in città, il mostro della droga, contro i poteri forti dello spaccio. Organizzammo subito una manifestazione al Borgo per denunciare l'episodio criminoso, con la sezione di riferimento diretta dal compianto e sfortunato Filippo De Girolamo, e Silvio anche lui alla guida del corteo con un megafono a denunciare con grande coraggio i luoghi dello spaccio, il proprietario della mini morris con la quale avevano tentato l'omicidio del ragazzo, i nomi degli spacciatori. Da lì, da lui, nel partito nasce un grande lavoro di contrasto alla droga e alla criminalità coinvolgendo altre compagne e compagni tra cui Carla Pellegatta e Dino Facchini che sfociò nella grande manifestazione nazionale organizzata dal Pci con tre cortei ed il comizio in piazza Brà della presidente della Camera Nilde Jotti e in un libro bianco citato dagli organi di informazione e da molte altre pubblicazioni, compresa quella di Roger Lewis e Pino Arlacchi che dà atto del grande contributo esemplare di lotta politica e civile dato a Verona e all'Italia dal Pci veronese. Da Verona, grazie a lui e con lui, venne sollevata politicamente una grande questione politica nazionale, il contrasto alla droga e la lotta alla criminalità organizzata e alla penetrazione delle mafie, in particolare della camorra a Verona e nel nord Italia.
Silvio non lasciava perdere, non si voltava dall'altra parte, ha sempre rischiato in prima persona per cambiare le cose. È stato un anticipatore, talvolta scomodo per il suo rigore, per il suo essere fuori dal "ben pensantismo" inconcludente.
Uomo colto, ho sempre invidiato la sua eccezionale capacità di lettura e di studio, curioso di molte cose, dal diritto alla letteratura, dalla storia alla politica, dall'arte alla geografia, dall'economia alla botanica che poi illustrava ai figli, come abbiamo sentito, agli amici, indicando alberi, fiori ed erbe e a Luciano Venturi durante simpatiche ed incredibili passeggiate nelle colline e nei monti veronesi cui partecipai una qualche volta anch'io. Docente per molti anni, ha scritto libri adottati nelle scuole (con le edizioni Calderini se non ricordo male), ma non solo per la scuola.
Del suo impegno politico istituzionale ricordo quando è stato eletto consigliere comunale a Caldiero (aveva rifiutato la candidatura al consiglio provinciale). La sua presenza si fece sentire subito, con interventi documentatissimi, ironici e caustici contro l'arroganza del potere. Così la sala del consiglio spesso vuota nella parte del pubblico diventò nel tempo sempre più affollata, talvolta molti non riuscivano ad entrare. Tutti a sentire il consigliere Manzati, ad assistere alle sue battaglie politiche.
Ricordo, io ero consigliere comunale di maggioranza a Malcesine, lui venne nominato presidente dell'Ospedale di Malcesine dove ingaggiò una vera e propria lotta contro gli abusi e i privilegi tentando di introdurre rigore morale, rispetto degli orari di lavoro dei primari e dei medici, tentando di estirpare l'uso improprio del ricovero ospedaliero in estate che si trasformava da ospedale in albergo ove venivano ospitate anziane coppie lombarde per trascorrere le ferie sul lago. Per seguire quotidianamente l'ospedale vi si trasferiva per lunghi periodi dormendo in una tenda. Sul suo rigore e sulla sua intransigenza si aprì una sorta di crisi politica. Volevano revocargli l'incarico. Non lo permettemmo e lui continuò il suo mandato, senza guardare in faccia nessuno.
Dei tempi più lontani ricordo che, a me giovanissimo, "insegnava" che per modificare le cose bisogna far crescere la consapevolezza sociale della necessità del cambiamento, lavorare incessantemente per allargare il consenso per il cambiamento indicando il come ed il perché. E che per farlo bisogna avere pazienza ed essere capaci di costruire una trama democratica unitaria. Non voleva il tutto e subito, era consapevole della durata dei processi di trasformazione, ma non si tirava mai indietro. È stato un uomo coraggioso, capace di denunciare ciò che non andava, senza paura delle conseguenze anche personali, senza paura del pericolo (particolarmente forte nella battaglia sulla droga quando venivano fatti i nomi della potente criminalità che in quei tempi, con la complicità di uomini della questura ha compiuto omicidi e tra questi il povero figlio del maresciallo Maritati) e pure sapeva che i processi politici, sociali, culturali per il cambiamento sono spesso lenti, hanno bisogno della maturazione delle cittadine e dei cittadini. Serve insomma spostare i rapporti di potere nella società. Non l'ho mai visto inerte, sempre combattivo, usava spesso l'ironia come strumento di lotta politica e civile. È stato un tenace combattente, talvolta imprevedibile, ma coerente. Anticipatore in tante cose, con intelligenza, allora inascoltato dai più, ha persino fatto in molti anni la battaglia per impedire il fumo nelle riunioni del partito. Dopo molto riuscì a modificare lo statuto del partito introducendo la norma a tutela della salute dei compagni e delle compagne. Questa norma, dopo, diventò persino legge dello Stato.
Silvio ha dato molto, moltissimo, senza mai chiedere nulla.
Era la sua passione a farlo muovere.
Compagno e amico di una vita mi resta dentro, ma mi manca molto, mi mancano il suo punto di vista e le sue ragioni. Ho sempre letto tutto quello che ci inviava fino a non molto tempo fa.
La città si è impoverita senza la sua autorevole personalità, la sua cultura, le sue parole, la sua passione, il suo rigore morale, la sua presenza.
Resti l'orgoglio ai figli di averlo avuto padre e a tutti noi di averlo conosciuto.
Giorgio Gabanizza

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