Peppino Impastato, per
aver denunziato dai microfoni della sua radio le attività della mafia, fu assassinato
il 9 maggio del 1978.
Gli
assassini tentarono di farlo credere un attentatore facendolo saltare sui
binari della ferrovia. La caparbietà dei suoi compagni, che trovarono in un
vicino casolare una pietra con il suo sangue, fece però affiorare la verità.
Ora, il casolare di contrada Feudo, a Cinisi (PA), dove
lo hanno massacrato e ucciso 35 anni fa è stato trasformato in una discarica,
il terreno circostante è coperto da letame e lo stato di conservazione
dell'edificio è talmente grave che rischia il crollo.
Giovanni Impastato, fratello di Peppino, denuncia: «Mi
chiedo se sia un paese civile quello che ricopre con l'immondizia il sangue di
mio fratello.
È vergognoso, quel casolare è il luogo della memoria più
importante della Sicilia che ha lottato contro la mafia. Mi
chiedono di mettere almeno una targa, ma il tetto è rotto e il proprietario
porta qui le mucche a pascolare. Qualche giorno fa mi sono recato sul posto
insieme a una scolaresca di ragazzi del Nord, ma ho bloccato tutto perché ho
provato vergogna. Non dico di mettere il tappeto rosso, ma il sindaco potrebbe
almeno vigilare sulla pulizia facendo leva sul proprietario».
«È una questione di dignità, noi
qui abbiamo trovato il sangue di Peppino. Mi vado sempre più convincendo che la
memoria di Peppino non interessa più a nessuno. Neanche a quelli che dicono di
volerla difendere, fra le istituzioni e la cosiddetta società civile. La verità
è che siamo stati abbandonati da tutti».
Firma questa petizione per
aderire all'appello di Rete 100 passi.
Chiedi a Rosario Crocetta, Presidente della Regione Siciliana, che
il casolare venga consegnato alla collettività.
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